In questo articolo parliamo del buffer, un concetto chiave dell’allenamento: come utilizzarlo ed imparare a comprenderlo a seconda del contesto sportivo ed atletico in cui vogliamo inserirci.
L’allenamento a corpo libero comprende a grossomodo tre categorie: forza massimale e submassimale, forza resistente e skills. In ognuna di queste categorie è fondamentale capire cosa sia il buffer e come utilizzarlo in maniera intelligente e corretta.
Il concetto di buffer nasce nell’allenamento della forza con i pesi, in ambiti come il powerlifting ed il weightlifting, per poi essere studiato anche in discipline più diffuse come il bodybuilding, dove un noto allenatore, Charles Poliquin, uno dei padri dell’allenamento della forza e dell’ipertrofia con sovraccarico, ne inizia a parlare. Ma cosa è il buffer? Perché nasce? Perché ci serve?
COS’E’ IL BUFFER
Il buffer è lo scarto tra le ripetizioni massimali e quelle fatte durante la singola serie.
In un determinato esercizio, prendiamo ad esempio le trazioni, riusciamo a fare al massimo 10 ripetizioni e durante una serie facciamo 8 ripetizioni: staremo tenendo un buffer di 2. Il concetto è così semplice quanto diretto: una operazione matematica di sottrazione per capire a quanto effettivamente ammonta il buffer.
E’ importante capire subito un concetto fondamentale: il cedimento è il padre del buffer. Senza cedimento non ci sarebbe buffer. Cedimento vuol dire game over: non si riesce a fare un’altra ripetizione. In questo caso, tuttavia, vorrei fare una precisazione: il cedimento può essere di due tipi: tecnico e non tecnico.
Molto spesso, soprattutto quando non si conosce questa distinzione quando si esegue un test massimale, le ultime ripetizioni sono eseguite tecnicamente molto molto male, ma si prendono ugualmente come riferimento. Ne deriva che, successivamente, quando ci si trova a stilare una scheda di allenamento, saremo di fronte ad un determinato numero di ripetizioni come massimale. Calcoliamo il buffer su tali ripetizioni ed in allenamento non riusciamo a farle. Perché succede questo? Perché non abbiamo tenuto in considerazione il fattore che fa veramente la differenza: la tecnica con cui eseguiamo le ripetizioni dell’esercizio. Se durante il massimale sporchiamo la tecnica ed in allenamento la teniamo buona, come possiamo aspettarci di fare gli stessi numeri?
Il cedimento tecnico viene in nostro aiuto in questo caso. Parliamo di cedimento tecnico quando ogni ripetizione è eseguita in maniera tecnicamente eccellente e durante il massimale non riusciremmo a farne un’altra a parità di tecnica. Magari riusciremmo comunque a farne altre, ma non con la tecnica corretta. Ci dovremo quindi fermare a quella soglia, imposta dalla tecnica dell’esercizio.
Durante un test massimale e successivamente la scelta di un esercizio da mettere in scheda, tenete sempre conto della qualità e della tecnica con la quale eseguite quel determinato test. Non c’è niente di male nello sporcare un test massimale ma se lo fate siate ben coscienti che applicare percentuali o fare calcoli su un massimale sporco potrebbe non avere gli effetti che vi aspettate nell’allenamento.
Una volta stabilito cosa significa andare a cedimento, tecnico o non tecnico, potremo capire di più sul buffer. Innanzitutto, si parla di:
- Alto buffer quando le ripetizioni che eseguiamo sono molto lontane dal massimale. Di solito quando si attestano attorno al 50% del massimale. Ad esempio, abbiamo 8 ripetizioni di massimale e durante la serie ne eseguiamo 4, oppure 20 ripetizioni massimali e ne eseguiamo 10.
- Medio buffer quando le ripetizioni che eseguiamo sono ancora lontane dal massimale, ma meno rispetto ad un buffer alto. Parliamo di circa un 60/70%. Tornando ai nostri esempi, per 8 ripetizioni ne eseguiamo 5-6 e per 20 ripetizioni 12-14.
- Basso buffer quando le ripetizioni che eseguiamo sono vicine al massimale, in questo caso si parla di un 80/90%. Con il solito esempio, per 8 ripetizioni saremo a 6-7 e per 20 saremo a 14-18.
- Zero buffer quando le ripetizioni che eseguiamo coincidono con il massimale. Se ne abbiamo 8 ne facciamo 8 e se ne abbiamo 20 ne eseguiamo 20.
PERCHE’ UTILIZZARE IL BUFFER
Ricollegandoci alle origini del buffer, il buffer nasce nell’allenamento della forza, ma perchè? La risposta è da ricercare nel fatto che un allenamento per la forza deve essere riproducibile il prima possibile e senza troppi strascichi nel corso della settimana. Questa è la ragione per la quale il concetto non è nato nel bodybuilding odierno, dove spesso si allena un muscolo una o in rari casi due volte alla settimana, lasciandogli una settimana per recuperare: in questo caso, conservarsi appariva non servire, anche se, negli ultimi anni ha preso sempre più prede l’idea di buffer ed allenamento in multifrequenza anche nel bodybuilding.
Nel mondo della forza invece serve rimanere freschi il più possibile tutti i giorni in cui ci si allena, in quanto un muscolo può essere allenato anche tutti i giorni.
Diversi studi scientifici che trovano conferma in letteratura dimostrano come l’andare a cedimento allunghi i tempi di recupero, il che, se allenate un muscolo 1 volta a settimana non è un problema: per recuperare avete tempo. Ma se lo allenate tutti i giorni è game over. Quindi, serve conservare le energie per tutti gli allenamenti che ci aspettano.
Ma perché ci si allena così frequentemente?
La risposta breve, che darò in questo articolo, è perchè serve costruire una tecnica eccellente negli esercizi per poterli eseguire al massimo della performance: in questo caso la frequenza di allenamento, ovvero, la ripetizione di un gesto nel corso del tempo, giova molto all’aumento della forza in quanto abilità anche neurale e non solo muscolare.
Come detto all’inizio, l’allenamento a corpo libero è composto da diverse parti: la forza massimale e submassimale, la forza resistente e le skills (figure a corpo libero). Ognuna di questa categoria ha schemi di allenamento e approcci differenti, ma volendole collegare tutte assieme in una scheda di allenamento è impensabile poter spingere in maniera indifferenziata ed al massimo su tutte insieme: dopo poco tempo ci troveremmo affaticati ed incapaci di spingere correttamente. Con questa frase però, non ho assolutamente escluso l’uso del cedimento muscolare! Il cedimento va utilizzato, nei giusti esercizi e nelle giuste parti dell’allenamento.
CAPIRE GLI OBBIETTIVI PER CAPIRE IL BUFFER
Ora sappiamo di più sul buffer: cos’è, dove è nato, a cosa serve. Ma quando ci troviamo di fronte alla scheda di allenamento, come dobbiamo inserirlo? Sostanzialmente dipende.
Partiamo da questo presupposto: da diversi studi, condotti sia sull’aumento della forza che dell’ipertrofia, è stato dimostrato come per i maggiori guadagni sia necessario stare piuttosto vicini al cedimento, con un buffer che va da 1 a 3 ripetizioni, indipendentemente dal carico che utilizziamo. In particolar modo, nell’allenamento della forza si potrà tenere un buffer tendenzialmente più alto e in quello dell’ipertrofia più basso, arrivando a cedimento solo all’ultima o ultime due serie. Questo avviene perchè nel corso delle serie, di serie in serie la fatica che percepiamo sarà diversa: alla prima serie saremo freschi, alla quinta ad esempio, molto più stanchi.
Nell’allenamento per la forza, come abbiamo visto, la parola d’ordine è freschezza muscolare e ripetizione del gesto: per questo, tenere un buffer medio/alto è consigliabile: permette una ripetizione del gesto in sicurezza, con una tecnica eccellente e ci permette di farlo per più volte la settimana.
Nell’allenamento dell’ipertrofia, viceversa, non vi è questa esigenza di ripetizione tecnica in quanto l’obbiettivo è prettamente quello di costruire nuova massa muscolare. In questo caso il buffer sarà basso fino allo zero. Se ad esempio abbiamo come massimale 10 ripetizioni e decidiamo di fare un 4×8, probabilmente alla prima serie non andremo a cedimento, ma all’ultima sì. Questo va benissimo perchè vuol dire aver lavorato con un carico adeguato e dato uno stimolo muscolare sufficientemente forte.
Dunque, è solo un discorso di forza o ipertrofia?
Assolutamente no. Come abbiamo visto fin dall’inizio se parliamo di buffer parliamo di conseguenza anche di cedimento. Il cedimento presenta punti a sfavore:
- E’ molto tassante per l’SNC, soprattutto in esercizi complessi che richiedono un alto impegno di coordinazione e affaticano molto il corpo. Esempio trazioni, piegamenti in verticale, squats, deadlifts, trazioni ad un braccio, front lever, planche, ecc.
- I tempi di recupero dopo essere andati a cedimento per più serie si dividono in muscolari e neurali. I muscoli di solito recuperano in un intervallo di 2-4 giorni, ma il sistema nervoso può necessitare di più giorni, dai 7 ai 10.
- Allenarsi a cedimento per un periodo di tempo troppo lungo porta a percepire faticosi anche gli esercizi più semplici. Stimoli che una volta erano semplici sembreranno veri e propri macigni, indice di mancato recupero dell’SNC.
- Stressa molto le articolazioni soprattutto se protratto nel tempo e se fatto in esercizi complessi.
Allenarsi a cedimento, sembra quindi non essere una buona idea. Di sicuro, quando si parla di lavori tecnici e di propriocezione il cedimento va evitato a favore della cura tecnica dell’esercizio e del buffer. Esercizi difficili, esercizi tecnici, esercizi multiarticolari sono consigliati in buffer e al massimo a cedimento solo sull’ultima o ultime due serie.
Allenarsi a cedimento ed a buffer zero è consigliato invece sugli esercizi più semplici, che il corpo esegue in maniera semplice e quando vogliamo concentrarci prettamente sulla crescita muscolare senza nessun occhio alla tecnica o alla propriocezione del gesto. Quindi largo spazio a esercizi di basso impatto sul corpo, che con i pesi possono essere esercizi di isolamento come il curl per i bicipiti, mentre a corpo libero a seconda di qual’è il livello dell’atleta potrà essere un esercizio diverso, di solito in cui si riescono a fare tranquillamente più di 15 ripetizioni.
Tuttavia, anche in quest’ultimo caso bisogna prestare attenzione a non esporsi troppo al cedimento, non farlo tutti i giorni e limitarlo agli esercizi facili da fare a fine sessione.
Cosa abbiamo capito dopo tutto questo malloppo di informazioni?
I lavori tecnici, tra cui quelli di skills come verticale, front lever, planche, trazioni monobraccio, ecc., di forza massimale e di propriocezione sono da fare preferibilmente in buffer, prediligendo la cura tecnica dell’esercizio.
I lavori di endurance, con il fine di aumentare le ripetizioni, possono essere eseguiti in entrambi i modi, in buffer o no. Questo perché l’endurance è una caratteristica particolare, in quanto strettamente collegata anche alla forza massimale. Per scoprire di più sull’endurance ho scritto un intero articolo a proposito che potete leggere quì.
I lavori di ipertrofia, con il solo scopo di aumento della massa muscolare, vanno fatti con poco o zero buffer, in modo tale da concentrarsi solo su questo aspetto senza pensare ad altro.
In una ipotetica sessione di allenamento quindi possiamo dividere il lavoro in questo senso.
– Riscaldamento e mobilità articolare
– Lavoro tecnico e di propriocezione (equilibrio, tricks, ecc.)
– Lavoro di forza massima o submassimale, esercizi complessi dove è richiesto un forte impegno fisico e mentale.
– Lavoro di forza submassimale complementare a quello precedente, il buffer si abbassa ma rimane costante.
– Lavoro di ipertrofia o lavoro di endurance, dove il buffer è poco o nullo.
CONCLUSIONI
In questo articolo abbiamo scoperto il buffer, partendo dalle sue origini, scoprendo cos’è ed arrivando a capire come applicarlo nell’allenamento. Spero di aver chiarito il concetto che negli altri ambiti sportivi è stato studiato mentre sull’allenamento a corpo libero ha ancora qualche lacuna, seppure risponda delle stesse identiche regole.
Grazie per la lettura e a presto.
Elia.